Speciale 50 anni dalla frana_19 luglio 1966-2016: la relazione della commissione d'indagine.

Scritto da Arch. Mariangela Riggio.

  

«Una frana di inconsuete dimensioni, improvvisa, miracolosamente incruenta, ma terribile nello stridolare o incrinare irrimediabilmente spavalde gabbie in cemento, ed impietosa, al tempo stesso, nello sgretolare vecchie abitazioni di tufo, in pochi istanti, ha buttato fuori casa migliaia di abitanti ponendo Agrigento sotto nuova luce e nuova dimensione». Era il 19 luglio del 1966, un disastro, per certi versi da lungo tempo annunciato, colpì la zona sud occidentale della città, furono particolarmente danneggiati i quartieri di Santa Croce e San Michele e migliaia di persone rimasero senza tetto.

All’indomani del grave evento calamitoso, l’eco di denuncia delle irregolarità urbanistiche della città, già da tempo sollevatosi, tornò più forte di prima e svegliò finalmente l’interesse nazionale; infatti, l’allora ministro on. Giacomo Mancini, con decreto del Ministero dei Lavori Pubblici (n° 12795 del 3 agosto 1966), istituì la Commissione d’indagine per far luce sulla situazione urbanistica di Agrigento, per chiarire fino in fondo aspetti edilizi e speculativi con tutte le conseguenti responsabilità. La commissione era composta da: dott. Amindore Ambrosetti, prof. Giovanni  Astengo, il vice Prefetto Nicola Di Paola, prof. Giuseppe Guarino, prof. Bruno Molatoli, ing. Angelo Russo, prof. ing. Cesare Valle, e presieduta da Michele Martuscelli, direttore generale dell’urbanistica del ministero dei Lavori Pubblici dal 1965 al 1983.

Michele Martuscelli è un’importante personalità politica impegnata nelle vicende urbanistiche del nostro Paese, ha partecipato all’elaborazione delle leggi e degli altri provvedimenti del riformismo urbanistico italiano quali la legge Ponte n° 167 del 1962 e il piano decennale per l’edilizia del 1978; ma ormai il suo nome è principalmente legato alla famosa denuncia contro i misfatti urbanistici di Agrigento.

 

«Gli uomini di Agrigento, hanno errato, fortemente e pervicacemente, sotto il profilo della condotta amministrativa e delle prestazioni tecniche, nella veste di responsabili della cosa pubblica e come privati operatori. Il danno di questa condotta, intessuta di colpe coscientemente volute, di atti di prevaricazione compiuti e subiti, di arrogante esercizio del potere discrezionale, di spregio della condotta democratica, è incalcolabile per la città di Agrigento».

E’ questa la grave denuncia con cui si conclude la relazione consegnata al Ministro Giacomo Mancini e pubblicata sulla rivista Urbanistica 48 del 1966. Finalmente vengono dichiarati pubblicamente i reati commessi contro la città e i suoi abitanti, con l’indagine portata a termine dalla Commissione vengono  analizzate ogni documentazione relativa alle licenze rilasciate nella zona franata tra il 1955 e il 1966 e quelle delle costruzioni ricadenti nelle zone sottoposte a vincoli panoramico e archeologico o sulle aree destinate a verde dal Piano di Fabbricazione; la Commissione indagò sugli atti dichiaranti sanatorie o provvedimenti repressivi e sulle pratiche conservate negli uffici del Genio Civile che documentano numerose segnalazioni e denunce che non trovano invece nessuna traccia tra i fascicoli comunali.  La Commissione registrò dati spaventosi, sono 400 le costruzioni risalenti al decennio ’55-‘66 i cui atti sono stati accuratamente analizzati (tra questi 48 sono le autorizzazioni che riguardano gli edifici sull’area franata nel ’66), il 70% o in alcuni casi il 170% è il volume illegalmente realizzato; con i dati raccolti ci si augurava che tale documentazione fosse in grado di dare finalmente una risposta ai pressanti interrogativi dell’opinione pubblica.

Nella relazione finale, consegnata al ministro, viene messo il luce come già dagli anni ‘20 vi era il sospetto che il suolo fosse soggetto a movimenti franosi (ecco perché si può parlare di un “disastro annunciato” in riferimento alla terribile frana del ’66), pertanto la prima proposta di includere Agrigento tra le città che necessitavano di interventi di consolidamento a spese dello stato, fu inviata al Prefetto nel 1925, un successiva richiesta è del  1926. Il Provveditorato alle Opere Pubbliche di Palermo analizzando le relazioni geologiche inviategli, rispose, trascurando la situazione, che non vi era nessun movimento franoso in atto, che  si trattava di lenti movimenti del terreno dovuti al riassetto dei massi tufacei che caratterizzano il suolo agrigentino, quindi veniva rifiutata la richiesta di iscrivere la città tra quelle da consolidare. Ma qualcosa stava lentamente succedendo, nel 1944 la zona a nord dell’abitato venne colpita da una frana che asportò metà Piazza Bibbirria (l’attuale piazza Plebs Rea) e le sottostanti via Gioeni e strada di circonvallazione, la frana giunse ad invadere anche la Stazione Centrale di Agrigento. La richiesta viene finalmente accettata nel 1945.

Le aree colpite dalla frana del '44

A distanza di 21 anni una nuova frana colpisce la città. E’ il peso degli enormi fabbricati costruiti illegalmente, tramite continue sanatorie e concessioni per altezze che vanno oltre i 25 metri massimi previsti dal Regolamento Edilizio che fa cedere il terreno argilloso. Ecco qual era la forma più tipica di infrazione: (…) dopo una prima licenza rilasciata, non sempre, peraltro, in conformità alle norme, il costruttore chiede la licenza per una maggiore altezza e la ottiene; successivamente supera i limiti autorizzati ed il Comune accorda la sanatoria e così di seguito, in un circolo vizioso di corresponsabilità.

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