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    • Ricostruzione 3D del Danteum (progetto di G.Terragni e P.Lingeri)
 

L'architettura inesistente

Il "Danteum" di Terragni e Lingeri

Scritto da Mariangela Riggio.

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Era il 1938 quando, l’avvocato Rino Valdameri, direttore della Reale Accademia di Brera e presidente della Società Dantesca Italiana, propose al Governo italiano la realizzazione di un centro studi e museo dedicato al Sommo Poeta. L’incarico per la progettazione dell’edificio su Via Dell’Impero (oggi via dei Fori Imperiali) a Roma venne affidato agli architetti Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri. Era l’Italia fascista del governo Mussolini, era l’epoca in cui l’esaltazione della nazionalità italiana e della politica dell’Impero, a imitazione della fiorente epoca romana, costituiva il tema principale della propaganda politica mussoliniana. In questo contesto, l’edificio progettato da G. Terragni e P. Lingeri, il Danteum, rappresentava il tentativo di identificare l’orgoglio della cultura italiana legata a Dante Alighieri e alla Divina Commedia, opera che Terragni tentò di illustrare attraverso gli spazi e gli elementi architettonici. Non mancano richiami alla politica imperiale e al culto del Sacro Romano Impero Romano, ai quali Mussolini non avrebbe mai rinunciato. A tal proposito basta citare come esempio la simbologia dell'aquila, la cui immagine sulla parete di fondo della Sala Impero richiama sia i versi della Divina Commedia (vedi Paradiso Canto XVIII, vv. 100-108: Dante osserva delle faville che si dispongono a forma di M e poi si trasformano in aquila) che il simbolo dell’Impero Romano. 

Il 10 Novembre del 1938, R. Valdameri e i progettisti ricevono udienza presso Palazzo Venezia, presentano il progetto al duce e ne ottengono il consenso. Le successive udienze per discutere ancora del progetto e per illustrarne i progressi  vengono continuamente rinviate, vani i solleciti. Nel Maggio 1939 Mussolini aveva firmato il patto d’acciaio con la Germania di Hitler, la Seconda Guerra mondiale era alle porte. L’Italia fu presto impegnata a scendere sul campo di battaglia, il 10 Giugno 1940. Il “sogno” della realizzazione dell’imponente edificio dedicato a Dante Alighieri e alla sua Divina Commedia rimase sulla carta e non venne mai realizzato.

Le numerose ricostruzioni virtuali realizzate sulla base dei disegni dei progettisti, dei loro schizzi e di quanto la bibliografia e gli studi precedenti ci hanno lasciato permette di comprenderne la magnificenza. Con la ricostruzione, qui proposta, attraverso il sistema di navigazione virtuale, è possibile entrare tra le varie sale, attraversando l’edificio ripercorrendolo così come lo hanno immaginato i progettisti. L’ingresso avviene per mezzo di uno stretto passaggio tra alte pareti, esso simboleggia la “stretta via”, inizio dello smarrimento di Dante, l’ampia corte che si apre successivamente è allegoria della vita vuota, vana, al di là di essa la sala con dentro le colonne richiama l’immagine della “selva oscura”. Poi si comincia a salire, anche Dante saliva verso la montagna del Purgatorio, poi verso il Paradiso. Una prima rampa di scale conduce ad una porta, è la porta della Sala Inferno. Sette colonne sorreggono il soffitto in lastre di travertino (pare sia questo il materiale che doveva costituire gran parte dell’edificio), il pavimento sembra instabile, sprofonda, è la voragine dell’Inferno. La luce è fioca, penetra solo da alcuni squarci dal soffitto, nell’Inferno di Dante c’è buio. Dietro la parete di fondo un’altra rampa di scale conduce alla sala successiva: la Sala Purgatorio. Qui ampi lucernari fanno entrare molta luce, il pavimento è composto da gradoni che innalzano il solaio gradualmente, è allegoria della “montagna del Purgatorio”. Ancora un’altra rampa conduce verso la sala più luminosa, questa forse sarebbe stata davvero abbagliante: la Sala Paradiso. Qui il pavimento è composto da quadrotti in granito sorretti dalle sottostanti colonne della “selva”; le 33 colonne di vetro (forse sarebbero state composte da blocchetti in vetro-cemento) sorreggono la struttura in acciaio e vetro che costituisce la copertura. Le riflessioni del vetro e il bagliore della luce avrebbero rievocato l’impressione descritta da Dante, egli abbagliato dalla forte luce non riesce a tenere gli occhi aperti e così descrive la visione del punto luminoso nel Canto XXVIII del Paradiso:

 

un punto vidi che raggiava lume

acuto sì, che ‘l viso ch’elli affoca

chiuder conviensi per lo forte acume

 

 

Continui sono dunque i richiami alle Cantiche della Divina Commedia, essi non sono espliciti non solo nei nomi identificativi delle sale (Inferno, Purgatorio e Paradiso) e nel tentativo di modulare gli spazi e la luce interpretando il percorso dantesco, ma anche nei numeri (7,33,3,100) che, così come sono ricorrenti nell’opera dantesca e ricchi di simbologia, li ritroviamo negli elementi architettonici componenti l’edificio. 

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