Speciale 50 anni dalla frana_19 luglio 1966-2016: la relazione della commissione d'indagine.

Scritto da Arch. Mariangela Riggio.

Il decoro del centro storico e la sicurezza dei suoi abitanti è stata così messa a rischio per troppo tempo dalla stessa amministrazione della città. La commissione di indagine individua Palazzo Vita: uno dei "tolli" di Agrigentole responsabilità nell’amministrazione stessa, nella facilità con cui gli assessori firmavano licenze edilizie violando la legge urbanistica nazionale (n° 1150 del 1942) che affida questo compito esclusivamente al sindaco; nel sindaco stesso che non vigilava sull’attività edilizia, che non si arrogava del potere conferitogli dalla suddetta legge, secondo la quale aveva il potere di ordinare la demolizione degli edifici costruiti illegalmente e di  aver invece abusato della possibilità di rilasciare sanatorie per casi eccezionali. La legge n. 1357 del 21/12/1955, all’art. 39 prevede infatti autorizzazioni in deroga soltanto nei casi di ricostruzioni, modifiche e sopraelevazioni di edifici esistenti, invece il sindaco, abusando di questa facoltà, rilasciava licenze in sanatoria per la realizzazione di edifici nuovi e senza alcuna chiara motivazione.  Le concessioni in sanatoria divennero, infatti, una consuetudine tanto che i costruttori poco si curavano degli interventi contrastanti con le norme del Regolamento Edilizio e degli eventuali ordini di demolizione, sicuri che prima o poi una sanatoria avrebbe consentito la realizzazione di quei piani che superavano i 25 m. massimi di altezza consentiti, tanto che pur presentando un primo progetto per un altezza limitata, per cui ottenevano la licenza, prevedevano delle fondazioni tali da sopportare un peso relativo ad un maggior numero di elevazioni. Venivano anche rilasciate licenze edilizie pur mancando il parere favorevole del Genio Civile o della Soprintendenza, violando ancora la legge Urbanistica Nazionale.

“L’interesse pubblico è praticamente assente nell’azione comunale, la quale appare dominata soltanto dalla preoccupazione di favorire le singole iniziative costruttive, così, in breve, possiamo ancora esprimerci riprendendo le stesse parole del testo.  

 Gli anni in cui tutto questo si verifica sono gli anni del dopoguerra, infatti nel periodo della ricostruzione si affidava il rilancio dello sviluppo del Paese all’edilizia, l’unico settore adeguato alla situazione del dopoguerra in quanto non  richiedeva manodopera specializzata né mezzi particolari o industrie. E’ tutto il Paese italiano a rivolgersi alla speculazione edilizia, in molte città viene ritardata la redazione dei Piani Regolatori imposti dalla legge Urbanistica Nazionale, considerati un impedimento allo sfrenato uso del suolo per fini edilizi. La stessa città di Agrigento, inserita nel ’45 negli elenchi dei comuni che necessitano di Piani di Ricostruzione, ne ritarda la redazione; un primo piano  viene presentato al Comune nel novembre del 1954.

Immagini della frana (tratte da Inchiesta Martuscelli, in Urbanistica n°48) Nel frattempo un notevole incremento demografico si rifletteva su una sempre più sfrenata attività edilizia e già si notavano le prime costruzioni irregolari, le prime denuncie sono quelle dell’ing. Messina (Capo dell’Ufficio tecnico comunale), il quale annunciava la presenza di nuove costruzioni, irregolari  come ubicazione, quota, allineamenti e forme (…) in parte eseguite senza licenza. Nel ’55 la situazione è gravissima. Per risolvere il problema occorreva dotarsi al più presto di un Regolamento Edilizio e un Piano Regolatore Generale. Anche la redazione di questi strumenti urbanistici è stata ritardata; il Piano di Fabbricazione viene redatto da una Commissione consiliare dei capigruppo dei partiti politici piuttosto che da tecnici e viene approvato nel 1958 insieme al Regolamento Edilizio. Il PF contiene indici di edificabilità troppo elevatati che possono definirsi “sproporzionati” rispetto alla effettiva necessità edificatoria in rapporto all’aumento demografico in atto e previsto, per tale approvazione non è stato sentito il parere della Soprintendenza ai Monumenti e alcune planimetrie originali sembrano essere scomparse. Mentre  prende il via la redazione del PRG, il ritmo dell’espansione edilizia cresceva con la realizzazione di masse eccessive (negli anni ’60 sorgono i Palazzi Vita e Mirabile di oltre 50 m.). Le denunce continuavano, si parlava di assalto edilizio del centro storico, ad esempio, la Commissione di indagine riporta la denuncia del Soprintendente delle antichità, Pietro Griffo, egli parlava di  drammatico contrasto degli sfacciati grattacieli a ridosso del centro storico; il soprintendente lanciava, quindi, l’appello per la costituzione di un Parco Archeologico per salvaguardare i resti dell’antica città greca. Ma neanche i vincoli riuscirono a frenare la situazione, basti pensare che, pur di continuare l’edificazione di alcuni edifici, viene richiesto al Consiglio  Provinciale di Sanità, il  restringimento dell’area di rispetto cimiteriale dai consueti 200 m. ai 100 m., stranamente la richiesta viene presentata con notevole ritardo, nel frattempo gli edifici vengono completati. Con una simile mossa, gli alti edifici costruiti su via Porta di Mare passano da illegali, perché sorgevano su un area vincolata, (PF prevedeva qui un vincolo per la protezione del punto di vista bel vedere), a legali in quanto si restringe l’area  vincolata e non rientrano più in essa. La seduta della Commissione edilizia che doveva intervenire per sospendere la realizzazione dei suddetti edifici, piuttosto che confermare i vincoli preesistenti, li aveva ristretti originando così  l’equivoco che la Commissione si fosse effettivamente limitata ad una mera precisazione del vincolo in vigore. Il Sovrintendente concludeva che i quattro edifici in costruzione non rientravano nella zona vincolata.

La commissione Martuscelli esamina e pone sotto inchiesta le normative vigenti e le relative violazioni, gli interventi, le mancanze e le responsabilità dell’amministrazione comunale, dell’amministrazione dei Lavori Pubblici e delle Belle Arti, della Regione, le violazione del Regolamento Edilizio, del Piano di Fabbricazione e dei Vincoli archeologici e paesaggistici imposti. Vengono esposti i risultati dell’indagine condotta Commissione parlamentare antimafia su  richiesta del Presidente della Regione siciliana nel 1963, vennero condotte così le prime indagini sull’attività edilizia del comune e messe a nudo  le irregolarità compiute dai costruttori e dall’amministrazione comunale che era quindi tenuta a rispondere alle contestazioni presentate al Sindaco. Ma il Comune ha trovato una giustificazione per ogni situazione, spesso le deduzioni con la quale l’amministrazione difendeva la sua attività erano banali, eppure la Regione non ha tenuto sottocontrollo la situazione. E’ così fallito l’ultimo tentativo, prima del disastro, di porre un freno al massacro urbanistico più indiscriminato che si stava compiendo.

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