Scritto da Mariangela Riggio.
Vai direttamente alla Visita virtuale
Era il 1938 quando, l’avvocato Rino Valdameri, direttore della Reale Accademia di Brera e presidente della Società Dantesca Italiana, propose al Governo italiano la realizzazione di un centro studi e museo dedicato al Sommo Poeta. L’incarico per la progettazione dell’edificio su Via Dell’Impero (oggi via dei Fori Imperiali) a Roma venne affidato agli architetti Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri. Era l’Italia fascista del governo Mussolini, era l’epoca in cui l’esaltazione della nazionalità italiana e della politica dell’Impero, a imitazione della fiorente epoca romana, costituiva il tema principale della propaganda politica mussoliniana. In questo contesto, l’edificio progettato da G. Terragni e P. Lingeri, il Danteum, rappresentava il tentativo di identificare l’orgoglio della cultura italiana legata a Dante Alighieri e alla Divina Commedia, opera che Terragni tentò di illustrare attraverso gli spazi e gli elementi architettonici. Non mancano richiami alla politica imperiale e al culto del Sacro Romano Impero Romano, ai quali Mussolini non avrebbe mai rinunciato. A tal proposito basta citare come esempio la simbologia dell'aquila, la cui immagine sulla parete di fondo della Sala Impero richiama sia i versi della Divina Commedia (vedi Paradiso Canto XVIII, vv. 100-108: Dante osserva delle faville che si dispongono a forma di M e poi si trasformano in aquila) che il simbolo dell’Impero Romano.